Il villaggio di Campagne ha due gerarchi. Gallet, ufficiale sanitario, imbevuto del breviario di Raspail, deputato del Collegio.
Dall’alto soglio a cui lo ha innalzato la sua sorte, contempla con un po’ di nostalgia il paradiso perduto della vita borghese; la piccola città sconosciuta, e il salotto familiare di stoffa verde dove s’è venuta gonfiando la sua nullità. Pensa in buona fede di costituire un pericolo per l’ordine sociale e per la proprietà; se ne rammarica, e non prendendo mai la parola e astenendosi dal voto spera di prolungarne in tal modo la cara agonia.
- Non mi si rende giustizia - l’han sentito esclamare un giorno, questo fantasma, con pungente sincerità: - andiamo! ho anch’io una coscienza!
Re del luogo, ma senza reame, gli stava di contro il marchese di Cadignan. seguendo il corso dei grandi affari su le “Mondanità” del Gaulois e sulle “Rassegne Politiche”
della Revue des deux Mondes, covava l’ambizioso sogno di rimettere in uso in Francia la caccia col falcone. Per sua sfortuna, avendo tradito le sue speranze e dato fondo alle sue riserve i problematici falconi di Norvegia acquistati a peso d’oro, egli era stato costretto a tirar il collo a tutti quei cavalieri teutonici, contentandosi, più modestamente, di preparare i terzuoli per le allodole e per le pavoncelle. Nelle ore libere, a voler credere alle chiacchiere, dava la caccia alle ragazze: ché la maldicenza della gente doveva contentarsi di pettegolezzi e di induzioni, dato che il galantuomo le sue battute le faceva da solo e guardingo, sulla pesta, come un lupo.
Ii Malorthy padre ebbe dalla sua donna una figliola cui avrebbe voluto, a tutta prima, mettere nome Lucrezia, in omaggio all’idea repubblicana. Il maestro di scuola, scambiando in buona fede la virtuosa matrona per la madre dei Gracchi, combinò sull’argomento un discorsetto, ricordando come già Victor Hugo ne avesse celebrato prima di lui la memoria immortale. I registri dello stato civile si ornarono perciò dapprima d’un sì grandioso nome, ma poi, per disavventura, il curato, preso da scrupolo, s’avvisò di dover attendere il parere dell’arcivescovo, e, spinte o sponte, il focoso birraio dovette soffrire che a sua figlia fosse imposto al fonte battesimale il nome di Germana.
- Se fosse stato un maschio non avrei ceduto - disse; - ma, trattandosi di una femminuccia…
La femminuccia toccò i sedici anni.
Una sera, nell’ora della cena, Germana entrò nel salotto con un secchio pieno di latte fresco. A due passi dalla soglia, si fermò di colpo, impallidì e piegò.
- Oh Dio! - esclamò Malorthy - la piccola si sente male!
La poverina si portò le mani al ventre e scoppiò in lacrime. Lo sguardo acuto della mamma Malorthy incontrò quello della figliola.
- Babbo, lasciaci un momento sole - disse.
Come succede, dopo mille induzioni confuse, dire e non dire, l’evidenza scoppiò tutt’a un tratto, come una esplosione. Né colle preghiere, né colle minacce, neanche con le bòtte, non si poté trarre dalla sua pervicacia più che qualche lacrima infantile. La ragazza meno agguerrita manifesta, durante queste crisi, un lucido sangue freddo, che altro non è - non c’è dubbiose non il sublime dell’istinto. Dove l’uomo si smarrirebbe, la donna tace. Esasperando la curiosità ella sa bene che disarma la collera.
Otto giorni dopo Malorthy, tra una buffata e l’altra della sua pipa saporosa, disse a sua moglie: - Domani vado io dal Marchese. Ho un’idea. Ho paura di aver capito tutto.
- Dal Marchese!… Antonio, questo tuo orgoglio sarà la tua rovina: tu non sai nulla di positivo; vuoi andar a farti compatire, tu.
- Si vedrà, - rispose il galantuomo. - Sono le dieci; va’ a dormire.
Ma quando, il giorno dopo, si trovò sprofondato in un seggiolone di cuoio nell’anticamera del suo temibile avversario, gli fu chiara d’un tratto la sua audacia.
Svanita la collera: - Occhio a non varcar il segno - si disse in segreto.
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