— Siete voi che l’avete detto, notatelo bene; non io.

— Oh! andate al diavolo — disse Jukes senza cerimonie.

L’altro fece udire un piccolo gorgoglio di trionfo:

— Siete voi che l’avete detto! — ripeté.

— E con questo?

— Ho conosciuto uomini veramente notevoli che hanno dovuto rispondere verso i loro principali per averne detto anche meno — riprese il luogotenente nervosamente. — Oh, no! non mi ci prendete!

— Sembrate terribilmente preoccupato di non perdere il posto — disse Jukes, che non poteva soffrire una simile stupidità. — Non ho paura di dire quello che penso, io.

— Mentre io… Ma io non conto, e lo so benissimo.

La nave, dopo un periodo di stabilità relativa, si slanciò in una serie di rollii sempre più violenti, e Jukes fu per qualche momento troppo preoccupato a tenersi in equilibrio per aprir bocca.

Ma appena la danza si fu un po’ calmata, riprese:

— Il troppo stroppia. Comunque si mettano le cose, mi parrebbe opportuno metter capo verso i marosi. Il vecchio è andato a dormire proprio ora. Che sia impiccato se non vado a parlargliene.

Aprì la porta della cabina di guardia, e vide che invece il capitano Mac Whirr non si era coricato. Se ne stava in piedi, aggrappato con una mano allo scaffale, mentre con l’altra teneva aperto un grosso libro che leggeva attentamente. La lampada del soffitto ballonzolava nella sua coppa di vetro; i libri allentati sbattevano sullo scaffale, il lungo barometro descriveva cerchi agitati, il tavolo modificava ad ogni istante la sua inclinazione. Nel mezzo di questa confusione, il capitano Mac Whirr, immobile, levò gli occhi dal libro e domandò:

— Che c’è?

— Capitano, la maretta aumenta.

— Si vede anche di qui — brontolò Mac Whirr. —

Niente di nuovo?

Jukes, sconcertato dalla gravità dello sguardo che lo fissava sopra il libro, fece una smorfia imbarazzata.

— Rolliamo come una vecchia scarpa — disse con aria confusa.

— Sì! Tempo grosso… grossissimo. Che volete?

A questa domanda, Jukes perdé la bussola e cominciò ad impappinarsi.

— È in rapporto ai passeggeri — disse come un uomo che si aggrappa ad una pagliuzza.

— Passeggeri? — esclamò Mac Whirr. — Quali passeggeri?

— Ma i Cinesi, capitano — spiegò Jukes, al quale questa conversazione faceva venire il sudore freddo.

— I Cinesi! Perché non parlate chiaramente? Non riesco a comprendere quel che pensate. Fino ad oggi, non avevo mai udito chiamare «passeggeri» una banda di coolies.

Passeggeri, veramente! Ma che vi prende?

Mac Whirr, chiudendo il libro con l’indice in mezzo, abbassò il braccio e parve incuriosito.

— Che cosa vi fa pensare ai Cinesi, signor Jukes?

Jukes fece un tuffo come un uomo alle strette:

— La nave imbarca ad ogni rollio, capitano, e il loro ponte è pieno d’acqua. Pensavo che forse potreste far mettere capo sull’onda… per qualche tempo. Finche la tempesta non si calmi un poco.