Davanti all’immagine di un’eventualità lontana, egli restava indifferente quanto un turista miope dinanzi alla bellezza di un vasto paesaggio; e il suo sguardo essendosi per caso posato nello stesso momento sulla serratura della porta della cabina, vi si diresse e cominciò a scuoterne la maniglia con vigore, mentre osservava con la sua voce grave e bassa:
— Non ci si può più fidare degli operai, oggi. Ecco una serratura, è nuova fiammante, eppure non agisce. S’incanta.
Vedete! Vedete!…
Appena i due soci si trovarono soli nel loro ufficio, all’altra estremità del cantiere, il nipote osservò, con una sfumatura di disprezzo:
— Avete cantato l’elogio di quest’individuo a Sigg, ma mi piacerebbe sapere che cosa apprezzate in lui.
— Riconosco che non ha nulla del capitano da romanzo, se è questo che volete dire — rispose l’altro asciuttamente. — È lì fuori il capo falegname?… Entrate, Bates. Com’è che lasciate gli uomini di Tait applicare una serratura difettosa alla porta della cabina? Il capitano se n’è accorto subito. Fatene mettere un’altra. Le pagliuzze, Bates… le pagliuzze.
La serratura fu dunque sostituita, e, pochi giorni dopo, il Nan-Shan salpava verso l’Oriente, senza che Mac Whirr avesse fatta alcun’altra osservazione a proposito delle finiture, ne che gli si fosse udita pronunciare una sola parola d’orgoglio sulla sua nave, di riconoscenza per la nomina avuta o di soddisfazione per le prospettive del suo avvenire.
Di temperamento ne loquace ne taciturno, egli trovava, in verità, molto raramente l’occasione di parlare. Restavano naturalmente le questioni di servizio: istruzioni, ordini, e così via; ma il passato essendo ben passato, e il futuro non esistendo ancora, egli era del parere che i piccoli avvenimenti di ogni giorno non meritassero, il più delle volte, alcun commento, e che i fatti parlassero da soli con una insuperabile precisione.
Il vecchio Sigg amava gli uomini di poche parole, coloro
«che si è sicuri non cercheranno di discutere sulle istruzioni».
Mac Whirr, che possedeva le qualità richieste, fu perciò mantenuto al comando del Nan-Shan, di cui ora dirigeva, attraverso i mari della Cina, la rotta prudente.
La nave era stata denunziata ed iscritta sul registro marittimo britannico; ma, dopo un certo tempo, Sigg aveva giudicato più conveniente di trasferirla sotto i colori siamesi.
Alla notizia del trasferimento progettato, Jukes si agitò come sotto il colpo di un affronto personale. Passeggiava su e giù brontolando e lasciando sfuggire piccoli sogghigni di disprezzo.
— Ma guardate che idea! Saremo graziosi con un grottesco elefante da arca di Noè sventolante sul picco! — disse una volta alla porta della camera delle macchine. — Che io sia dannato se sopporto questo! Gli sbatto sul muso le mie dimissioni. Non ne siete anche voi disgustato, signor Rout?
Il macchinista capo si contentò di schiarirsi la voce con l’aria di un uomo che sa quel che vuol dire “sbattere sul muso le proprie dimissioni”.
La prima volta che la nuova bandiera sventolò a poppa del Nan-Shan, Jukes la contemplò amaramente dalla passerella.
Lottò qualche tempo coi suoi sentimenti, poi osservò:
— Ridicolo, navigare all’ombra d’una bandiera simile!
Non vi pare, capitano?
— Che manca a questa bandiera? — chiese il capitano. —
La trovo perfèttamente corretta, io.
E si diresse verso l’estremità della passerella per vederla meglio.
— Ebbene, io la trovo ridicola, io! — gridò Jukes su tutte le furie, abbandonando bruscamente la passerella.
Il capitano Mac Whirr ne fu costernato. Poco dopo, entrò tranquillamente nella camera di navigazione, prese il “codice internazionale dei segnali” e l’aprì alla tavola dove le bandiere di tutte le nazioni erano debitamente raffigurate in file dai colori vistosi.
Fece scorrere il dito lungo le file, e quando giunse al Siam, contemplò con grande attenzione il campo rosso e l’elefante bianco. La cosa era semplicissima, ma, per essere più sicuro, portò il libro sulla passerella, nell’intento di paragonare il disegno colorato all’oggetto reale che sventolava all’asta di poppa. Quando Jukes, che quel giorno compiva il suo lavoro con una specie di furore represso, si trovò di nuovo sulla passerella, il capitano gli disse:
— Non manca nulla a quella bandiera.
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