Penso alle volte che egli non abbia abbastanza cervello per osare di affrontare una discussione. Ma non cerco di trarne vantaggio; veramente, non sarebbe una bella cosa. Fuori dei rapporti di servizio, ha l’aria di non comprendere la metà di quel che gli si dice. Talvolta ne facciamo oggetto di scherzo. Ma, alla lunga, appare un po’ noioso dover vivere con un uomo di questo genere. Il vecchio Rout dice che egli non è molto loquace.

Loquace, santi numi! Ma se non apre mai la bocca! L’altro giorno facevo quattro chiacchiere con uno dei macchinisti, sotto la passerella. Mac Whirr deve averci udito: quando mi son mostrato per montare il quarto, è uscito dalla camera di navigazione, si è guardato intorno attentamente, ha osservato i fuochi di costa, ha dato un’occhiata alla bussola, ha levato il naso verso le stelle; in breve, il cerimoniale solito. Poi dopo un momento:

«— Eravate voi che parlavate poco fa, nella corsia di babordo?

«— Perfettamente, capitano.

«— Col terzo macchinista?

«— Sì, capitano.

«E con questo si ritira a tribordo, si mette a sedere sul suo seggiolino pieghevole, e per una buona mezz’ora non emette più un suono… Cioè, tranne una volta, che ha starnutato.

«A un certo punto vedo che si è levato in piedi, e che viene a passi lenti verso babordo dove mi trovo.

«— Non riesco a comprendere che cosa aveste da raccontarvi — mi dice. — Due ore!… Non vi biasimo, però.

Vedo a terra persone che non fanno altro tutta la santa giornata, e poi la sera si mettono a sedere e continuano a chiacchierare col bicchiere in mano. Bisogna ritenere che ripetano tutto il tempo le stesse cose. Non riesco a comprenderli.

«Hai udito mai nulla di simile? E tutto questo detto con un tono placidissimo. Mi sentivo quasi intenerito. Alle volte però mi esaspera sul serio. Naturalmente non si vorrebbe far nulla che gli facesse dispiacere. Ma non c’è pericolo. Gli potresti fare una smorfia sul muso, che ti domanderebbe con innocente gravità che cosa ti prende. Si meraviglia come un bambino. Un giorno mi ha detto, con l’aria più naturale del mondo, che trovava difficile spiegarsi la ragione per cui la gente si agita in una maniera così bizzarra. Ma, veramente, è troppo grossolano per preoccuparsene».

Così scriveva Jukes al suo amico, trattenuto nei mari occidentali, sotto l’impulso del cuore e dando libero corso alla fantasia.

Esprimeva con tutta franchezza quel che pensava: non valeva la pena di cercar di commuovere un uomo simile. Se il mondo fosse popolato di Mac Whirr, la vita sarebbe certamente apparsa a Jukes come un affare insipido e mediocre.

Non era il solo ad avere questa opinione.