Klara girava per la stanza, la gonna frusciava attorno alle sue gambe, probabilmente restò ferma per un po' accanto alla finestra.

«Passata la rabbia?», sentì che gli chiedeva.

Per Karl era duro non riuscire a trovar pace in quella stanza, che pure gli era stata assegnata dal signor Pollunder per la notte. Quella ragazza girava di qua e di là, si fermava e parlava, mentre lui proprio non ne poteva più di lei. Addormentarsi presto e andarsene via di lì, ecco il suo unico desiderio. Non voleva neanche andar più a letto, voleva restar lì, sul canapè. Spiava solo il momento in cui lei se ne sarebbe andata per correre alla porta, inchiavarla alle sue spalle e buttarsi di nuovo sul canapè. Aveva un gran bisogno di stiracchiarsi e sbadigliare, ma non voleva farlo davanti a Klara. E così restava sdraiato, fissava il soffitto e sentiva che il volto gli diventava sempre più immobile, e una mosca che gli ronzava intorno gli sfarfallò davanti agli occhi senza che lui neanche capisse cos'era.

Klara gli si avvicinò di nuovo, si chinò per intercettare il suo sguardo e se lui non si fosse dominato, sarebbe stato costretto a guardarla.

«Adesso vado», disse. «Forse più tardi ti verrà voglia di venire da me. La porta delle mie stanze è la quarta a partire da questa, sullo stesso lato del corridoio. Dunque devi passare davanti a tre porte, e quella che vien dopo è la giusta. Non scendo più in sala da pranzo, ma resto addirittura in camera mia. Mi hai fatto stancare per bene, però. Non resterò proprio ad aspettarti, ma se ti va di venire vieni pure. Ricorda che hai promesso di suonare il pianoforte per me. Ma forse ti ho proprio fiaccato e tu non puoi più muoverti, in tal caso resta qui e dormi quanto ne hai voglia. Per ora non dirò niente a mio padre della nostra zuffa; te lo dico nel caso che tu dovessi preoccupartene.» Dopo di che, nonostante la sua pretesa stanchezza, in due salti fu fuori della stanza.

Subito Karl si rizzò a sedere, non sopportava già più di stare sdraiato. Per fare un po' di moto andò alla porta e guardò nel corridoio. Che buio c'era! Fu lieto quando, chiusa e inchiavata la porta, si ritrovò accanto al tavolo, nella luce della candela. Aveva deciso di non restare oltre in quella casa, ma di scendere dal signor Pollunder, dirgli apertamente come Klara l'aveva trattato — di confessare la sua sconfitta non gli importava niente —, e con quella scusa più che bastante di chiedergli il permesso di andare a casa, in automobile o a piedi. Se il signor Pollunder avesse avuto qualcosa da obiettare contro questo ritorno improvviso, Karl lo avrebbe pregato di farlo almeno condurre da un servitore all'albergo più vicino. Di norma non ci si comportava con ospiti cortesi così come Karl stava progettando di fare, ma ancor meno si trattava un ospite così come Klara aveva trattato lui. Lei riteneva nientemeno di fargli un piacere con la sua promessa di non dir nulla per il momento al signor Pollunder della loro baruffa, e già questa era una cosa che gridava vendetta al cielo. Forse che Karl era stato invitato per un combattimento di pugilato, e ora doveva vergognarsi di esser stato battuto da una ragazza, che probabilmente aveva passato gran parte della vita a imparare i trucchi dei pugili? Magari aveva preso lezioni persino da Mack. Gli raccontasse pure tutto; Mack la sapeva lunga, Karl ne era certo, benché non avesse mai avuto occasione di constatarlo nei fatti. Però Karl sapeva anche che se Mack gli avesse dato lezioni, avrebbe fatto progressi assai maggiori di Klara; allora un giorno sarebbe tornato, molto probabilmente senza essere invitato, avrebbe innanzitutto studiato il posto, perché il fatto di conoscerlo era stato per Klara un gran vantaggio, poi avrebbe acchiappato Klara e le avrebbe fatto spolverare a furia di botte lo stesso canapè sul quale oggi l'aveva scaraventato.

Adesso però si trattava soltanto di ritrovare la strada della sala da pranzo, dove probabilmente in un primo momento di distrazione aveva posato anche il suo cappello in un posto poco opportuno. Naturalmente si sarebbe portato dietro la candela, ma anche con la luce non era facile orientarsi. Per esempio, non sapeva neppure se quella stanza era allo stesso piano della sala. Quando vi erano andati, Klara l'aveva sempre così trascinato che lui non aveva neanche potuto guardarsi attorno. Anche il signor Green e i servitori coi candelabri avevano tenuto occupata la sua mente; insomma, adesso non sapeva neppure se fossero saliti per una scala, o per due, o magari non fossero saliti affatto. A quel che si vedeva dalla finestra, la camera doveva stare piuttosto in alto, e lui cercò di convincersi che avessero fatto delle scale, ma anche per entrare in casa si doveva salire una scalinata, perché dunque non poteva essere rialzata anche questa parte della casa? Se almeno fosse riuscito a scorgere nel corridoio un barlume di luce che filtrava da sotto una porta o udire una voce, sia pur debole e lontana! Il suo orologio da taschino, un regalo dello zio, segnava le undici, prese la candela e uscì nel corridoio.