«Pensavo che la casa fosse del signor Pollunder.»
«Certamente», disse il servitore, «ma è il signor Mack che ha deciso l'acquisto. Lei non conosce il signor Mack?»
«Oh, sì», disse Karl. «Ma che c'entra col signor Pollunder?»
«È il fidanzato della signorina», disse il servitore.
«Questo non lo sapevo», disse Karl, e si fermò.
«La cosa la stupisce tanto?», chiese il servitore.
«Voglio solo riordinare le idee. Non sapendo di questi rapporti, si possono commettere gravissimi errori», rispose Karl.
«Mi meraviglio soltanto che non gliePabbiano detto», disse il servitore.
«Già, davvero», disse Karl mortificato.
«Probabilmente pensavano che lei lo sapesse», disse il servitore, «non è una novità. Del resto siamo arrivati», e aprì un uscio dietro il quale si vedeva una scala che conduceva direttamente alla porta posteriore della sala da pranzo, illuminata come al momento dell'arrivo.
Prima che Karl entrasse nella stanza da pranzo nella quale si udivano, esattamente come due ore prima, le voci del signor Pollunder e del signor Green, il servitore disse: «Se vuole, l'aspetto qui e poi la conduco nella sua camera. È sempre difficile orientarsi qui fin dalla prima sera».
«Non tornerò più nella mia camera», disse Karl, e non sapeva perché nel dir così si sentiva triste.
«Non sarà poi tanto grave», disse il servitore sorridendo con una lieve aria di superiorità, e gli batté sul braccio. Probabilmente aveva interpretato le parole di Karl nel senso che egli intendesse rimanere in sala da pranzo tutta la notte, a conversare e a bere con i due signori. Karl non voleva dir troppe cose, inoltre pensava che il servitore, che gli era più simpatico degli altri domestici della casa, più tardi avrebbe potuto indicargli la strada per New York, perciò disse: «Se vuole attender qui, sarà una grande cortesia da parte sua, e l'accetto con riconoscenza. Comunque tornerò tra poco e le dirò quel che intendo fare. Penso che avrò ancora bisogno del suo aiuto».
«Bene», disse il servitore, posò la lanterna sul pavimento e si sedette su un basso piedistallo, probabilmente rimasto vuoto anch'esso a causa dei lavori di ristrutturazione della casa. «Dunque aspetterò qui. La candela può lasciarla a me», disse ancora il servitore, quando Karl fece per entrare nella sala con la candela accesa. «Come sono distratto», disse Karl porgendo la candela al servitore, il quale fece semplicemente un cenno del capo, senza che si capisse bene se quel cenno era intenzionale, oppure solo una conseguenza del fatto che il vecchio si lisciava la barba con la mano.
Karl aprì la porta che senza sua colpa tintinnò forte, perché era fatta di un'unica lastra di vetro che quasi si piegava se la porta veniva aperta di scatto e tenendola solo per la maniglia. Karl la lasciò andare spaventato, perché avrebbe voluto entrare silenziosamente. Senza più voltarsi vide che alle sue spalle il servitore, sceso evidentemente dal piedistallo, chiudeva la porta con cautela e senza il minimo rumore.
«Scusino il disturbo», disse ai due signori che lo guardavano con le grosse facce piene di stupore. Intanto gettava una rapida occhiata alla sala per vedere se poteva ritrovare il suo cappello. Ma non lo vide da nessuna parte, il tavolo era stato sparecchiato, e forse il cappello era stato sciaguratamente portato in cucina.
«Dove ha lasciato Klara?», chiese il signor Pollunder, che non parve trovar spiacevole quell'interruzione, perché subito cambiò posizione nella poltrona e si volse tutto verso Karl. Il signor Green faceva l'indifferente, tirò fuori il portafogli, che per grandezza e spessore era un mostro della sua specie, e parve cercare nelle numerose tasche di questo qualcosa di particolare, leggendo però mentre cercava anche altre carte che gli capitavano in mano.
«Avrei da farle una preghiera, che lei però non deve fraintendere», disse Karl avvicinandosi rapido al signor Pollunder, e per essergli davvero vicino posò la mano sul bracciolo della sua poltrona.
«Che preghiera sarà mai?», domandò il signor Pollunder guardando Karl col suo viso aperto, franco. «Naturalmente è già esaudita.» E cinse Karl col braccio, tirandoselo tra le ginocchia. Karl lo tollerò di buon grado, sebbene pensasse di esser troppo grande per esser trattato ancora così. Però naturalmente diventò più difficile dire quale fosse la sua preghiera.
«Le piace qui da noi?» domandò il signor Pollunder. «Non pare anche a lei che, quando si viene dalla città, in campagna ci si senta in un certo senso liberati? In generale» — e un'occhiata di traverso, inequivocabile, ma un po' coperta da Karl che stava in mezzo, venne dedicata al signor Green —, «in generale provo tutte le sere questa sensazione.»
«Parla», pensò Karl, «come se ignorasse questa grande casa, i corridoi interminabili, la cappella, le stanze vuote, il buio che c'è dappertutto.»
«Allora», disse il signor Pollunder, «questa preghiera!», e scosse amichevolmente Karl che restava muto.
«La prego», disse Karl, e per quanto abbassasse la voce non potè evitare che le sue parole giungessero alle orecchie di Green seduto lì accanto, al quale avrebbe così volentieri tenuta nascosta la sua preghiera, che poteva anche essere interpretata come un'offesa per Pollunder — «la prego, mi lasci andare a casa subito, questa notte stessa.» E quando il più difficile fu detto, tutto il resto venne fuori di getto, e senza dover ricorrere alla minima bugia Karl disse cose alle quali non aveva mai pensato prima. «Vorrei assolutamente andare a casa. Tornerò volentieri qua, perché dove è lei, signor Pollunder, lì piace stare anche a me. Solo che oggi non posso restare. Lei lo sa, lo zio non mi ha dato volentieri il permesso di farle questa visita. Avrà avuto senz'altro i suoi buoni motivi, come per tutto quel che fa, e io gli ho letteralmente strappato questo permesso, contro ogni sua convinzione. Ho abusato, né più né meno, del suo amore per me. Ora non importa chiedersi quali fossero le sue riserve contro questa visita, io so soltanto con certezza che in queste sue riserve non c'era nulla di offensivo per lei, signor Pollunder, che è il migliore, anzi l'ottimo amico di mio zio. Nessun altro può paragonarsi sia pur lontanamente a lei, nell'amicizia di mio zio.
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