E questa è anche l'unica scusa che posso avere per la mia disobbedienza, anche se non è una scusa sufficiente. Lei forse non ha un'idea chiara del rapporto che esiste tra mio zio e me, per cui parlerò solo delle cose che servano meglio a chiarirlo. Sinché non avrò finito di studiare l'inglese e non mi sarò fatto un'esperienza sufficiente della pratica commerciale, io dipendo totalmente dalla bontà di mio zio, di cui però come parente stretto mi è lecito profittare. Non creda che ora come ora io sarei in grado di guadagnarmi onestamente il pane — e Dio mi guardi dal guadagnarmelo in altro modo. A questo riguardo la mia istruzione purtroppo è stata poco funzionale. In Europa ho frequentato con mediocri risultati quattro classi di liceo, e questo per guadagnar denaro è men che niente, perché i programmi dei nostri licei sono molto antiquati. Lei riderebbe se le raccontassi quel che ho studiato. Se si proseguono gli studi, si finisce il liceo poi si va all'università, probabilmente le cose in certo qual modo si compensano, e alla fine si ha un'educazione come si deve, con la quale si può far qualcosa, e che dà quella sicurezza necessaria per guadagnar del denaro. Io però sono stato strappato a questa trafila di studi; a volte credo di non saper nulla, e in fondo anche tutto quel che potrei sapere sarebbe sempre troppo poco qui in America. Da qualche tempo nel mio paese esistono anche dei licei riformati, in cui si studiano le lingue moderne e forse anche scienze commerciali, ma quando sono uscito dalla scuola primaria questi licei ancora non c'erano. Veramente mio padre voleva farmi prendere lezioni d'inglese, ma in primo luogo a quel tempo non potevo immaginare quale disgrazia mi sarebbe caduta addosso e quanto bisogno avrei avuto dell'inglese, e in secondo luogo al liceo mi toccava studiare molto, sicché non avevo moltissimo tempo per altre attività. — Dico tutte queste cose per farle capire quanto io dipenda da mio zio e quanto gli sia obbligato. Lei ammetterà senz'altro che in questa situazione non posso permettermi di fare la benché minima cosa contro la sua volontà, anche se lui magari me la fa solo intuire. Perciò, per riparare anche soltanto in parte l'errore che ho commesso, debbo andare subito a casa.» Durante questo lungo discorso di Karl, il signor Pollunder aveva ascoltato con molta attenzione e più d'una volta, specialmente quando veniva nominato lo zio, aveva stretto sia pur impercettibilmente Karl a sé, e ogni tanto aveva gettato un'occhiata seria e come piena di speranza a Green, il quale continuava ad occuparsi del suo portafoglio. Karl invece, via via che parlando prendeva coscienza della propria posizione di fronte allo zio, diventava sempre più inquieto, e involontariamente cercava di liberarsi dal braccio di Pollunder. Tutto lì lo opprimeva; la strada che lo avrebbe riportato dallo zio, attraverso la porta a vetri, giù per la scalinata, lungo il viale, le strade maestre, attraverso le periferie sino alla grande arteria che sfociava davanti alla casa dello zio, gli sembrava qualcosa di strettamente interconnesso, che stava ad aspettarlo vuoto, piano, pronto per lui, e lo reclamava a gran voce. La bontà del signor Pollunder e la detestabilità del signor Green si confondevano, e in quella stanza piena di fumo desiderava soltanto il permesso di andarsene. In realtà si sentiva ormai lontano da Pollunder e pronto a lottare contro Green, eppure quell'ambiente gli comunicava una paura confusa, i cui assalti gli offuscavano la vista. Fece un passo indietro e si trovò a ugual distanza dal signor Pollunder e dal signor Green.

«Non voleva dirgli qualcosa?», chiese il signor Pollunder al signor Green, prendendogli la mano quasi a volerlo pregare di qualcosa.

«Non saprei cosa dirgli», disse il signor Green, che finalmente si era tolto una lettera di tasca e l'aveva posata sul tavolo. «È davvero lodevole che voglia tornare da suo zio, e secondo ogni umana previsione ci sarebbe da credere che così gli darebbe una gioia straordinaria. A meno che con la sua disubbidienza non abbia già troppo irritato lo zio, cosa anch'essa possibile. In tal caso sarebbe certamente meglio che restasse qui. È difficile dire qualcosa di preciso; siamo ambedue amici dello zio, e a fatica si potrebbero stabilire delle differenze di grado tra la mia amicizia e quella del signor Pollunder, ma nell'animo dello zio non possiamo vedere, soprattutto, non a tanti chilometri di distanza da New York.»

«La prego, signor Green», disse Karl, e facendo uno sforzo su se stesso gli si avvicinò. «Comprendo dalle sue parole che anche lei ritiene che sia meglio che io ritorni indietro immediatamente.»

«Questo non l'ho affatto detto», replicò il signor Green e si diede a fissare la lettera, di cui carezzava gli orli con due dita. Sembrava volesse far capire con ciò di aver risposto a una domanda rivoltagli dal signor Pollunder, mentre in realtà con Karl non aveva niente a che vedere.

Intanto il signor Pollunder si era avvicinato a Karl e con dolcezza lo aveva allontanato dal signor Green, portandolo verso una delle grandi finestre.

«Caro signor Rossmann», disse chinandosi alForecchio di Karl, e come per prepararsi alle parole che stava per pronunciare si passò il fazzoletto sul viso e, fermandolo al naso, se lo soffiò, «lei davvero non crederà che voglia trattenerla qui contro la sua volontà. Non se ne parla proprio. Ma non posso metterle a disposizione la mia automobile, perché si trova lontano da qui, in una rimessa pubblica, dato che non ho avuto ancora il tempo di costruirmi un garage qui, dove tutto è ancora in divenire. Inoltre l'autista non dorme qui in casa, ma nei pressi della rimessa, neppur io so dove. Infatti non è tenuto a trovarsi qui adesso, ma soltanto a presentarsi la mattina all'ora stabilita. Ma tutto questo non impedirebbe un suo immediato ritorno a casa, perché se lei proprio ci tiene posso accompagnarla subito alla fermata più vicina della ferrovia urbana, che però è così distante che lei non arriverebbe a casa molto prima che se venisse con me in automobile domattina — alle sette saremo già di partenza.»

«Preferirei comunque partire con la ferrovia urbana, signor Pollunder», disse Karl.