Lo so, perché queste pubblicazioni arrivavano anche a casa mia, fino al giorno in cui ho inoltrato un reclamo all’ufficio postale, dopodiché hanno continuato fino a dopo le elezioni: anche se ormai questi pazzoidi dell’Ohio potrebbero aver concluso che il loro messaggio non è passato.
“Noi vi salutiamo” viene stampato per ogni porto statunitense dove sbarcano le truppe: Los Angeles, New York-Newark, Boston, Houston, Seattle, e Detroit. Sono venti pagine grigie di testo (è in cantiere un’edizione online) piene di importanti numeri telefonici, indirizzi e-mail e postali per ogni area geografica in cui metta piede per la prima volta il fante o il marine o l’aviere quando torna a casa. Sono compresi numeri di assistenza telefonica per attacchi di panico, abuso di alcol e droghe, tentazioni suicide. Compagnie di taxi di simpatizzanti per i reduci. Indicazioni di centri aeroportuali e di trasporti. Numeri per comprare una scheda telefonica. Tutti i luoghi di culto immaginabili, compresi musulmani, atei e l’Agnostics Anonymous. Naturalmente, tutti questi numeri possono essere trovati da chiunque; ma non in un modo così facile, gratuito e spoliticizzato. C’è anche una quantità di informazioni meno prevedibili. Sale massaggi vietnamite decenti. Fornitori di equipaggiamento per escursioni a dorso di mulo nelle Sierras. Un centro di smistamento di siti online per aiutarti a rintracciare l’ex fidanzata che ti ha piantato. Numeri di chat-line per chi vuol prendersi la rivincita. I numeri telefonici privati di tutti i deputati e senatori americani. Siti per l’acquisto di sigari cubani e preservativi all’ingrosso. C’è un portale per lesbiche, gay, bisessuali e transgender che dice che l’unione fa la forza. E il numero di una associazione di sostegno per una Dignitosa morte socratica, dove psicologi laureati a Oberlin e Macalester cercano di convincere il soldato a non fare l’ultimo passo anche se sembrano capire che la morte potrebbe sembrargli l’unica scelta.
La nostra missione, naturalmente, ogni tanto fallisce. Un giovane marinaio di Piscataway, tre giorni dopo il ritorno da Kandahar, ha riempito gli scappamenti della sua Trans-Am di copie rubate di “Noi vi salutiamo” e si è sciolto dagli aspri lacci della terra4 nel parcheggio del Washington Crossing State Park, con un biglietto appiccicato al volante che diceva: “Ecco il futuro. Preparatevi”. Non c’è niente da fare quando uno è pronto ad andarsene, anche se forse una stretta di mano non avrebbe fatto male.
L’orologio della mia macchina segna ormai le undici e un quarto. Il tizio delle spigole sta rimettendo il suo armamentario nel secchio e conficcando l’amo nell’impugnatura della canna. È arrivata la marea. Lui pescava con le spalle alla baraonda del lungomare, come se non esistesse.
Le remote figurine sulla spiaggia, col cane che trotterellava al loro fianco, sono diventate chiaramente visibili. Salta fuori che sono i Gluck, dei vicini poco socievoli di quando vivevo qui. Arthur è un professore cacciato dalla Rutgers (plagio: le solite “distrazioni” e “sbadataggini”). Sta arrancando con la moglie rotondetta, Allie Ann, e un cane marrone grasso, stracco e quasi immobilizzato che avrei giurato che avevano dieci anni fa, il che gliene darebbe diciotto. “Poot.” I Gluck, che devono avere quasi novant’anni, non sono messi meglio del cane e camminano con la difficoltà della vecchiaia sulla spiaggia rimpicciolita dalla marea con le braccia curve, il mento abbassato sul petto, vestiti da eschimesi, così stretti l’uno all’altro da sembrare un solo fagotto umano bitorzoluto. Mi domando: saranno venuti a ispezionare i ruderi? La loro casa è sparita. O se ne sono andati (come me) e hanno investito in un piano pensionistico di Somerville che li porta in autobus al Whole Foods, assume medici specializzati alla Columbia presenti ventiquattr’ore al giorno sette giorni la settimana e gli permette di tenere la loro Electra del ’95 fino a quando lo stato gli toglierà le chiavi? Piuttosto che rivolgergli la parola, preferirei buttarmi nella buca piena d’acqua della mia cantina. Quale mesto lampo di riconoscimento brillerebbe nei loro occhietti luccicanti? “Oh, sì, certo, il signor Bascombe.
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