Gustavo, senza parlare, teneva il broncio al padre perché questi lo teneva a lui, – consegnò ad Alfonso una lettera. Alfonso non l’aprì con grande premura.

Era tanto preoccupato che non ebbe la pazienza di decifrare i caratteri malsicuri della madre; rimise in tasca la lettera dopo averla scorsa rapidamente.

– Che presto! – disse la signora Lanucci con leggero accento di rimprovero.

– E’ molto piccola! – rispose Alfonso arrossendo; – vi saluta tanto!

Il vecchio aveva cominciato a raccontare dei lavori della sua giornata. Era la storia di ogni sera. Per giustificarsi dinanzi alla moglie, raccontava quanto avesse brigato per fare affari. Tutto sommato, quel giorno aveva guadagnato un grosso pacco d’aghi che una piccola fabbrica gli aveva inviato in natura per senseria di un affare conchiuso da lui. Nella mattina aveva fatto delle Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 18

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Italo Svevo Una vita III

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visite in case private, presentandosi con una lettera di raccomandazione data-gli da un suo amico procuratore in una casa commerciale, il quale egli riteneva avesse dell’influenza in paese. Aveva offerto del Cognac, ma senza esito. In tavola faceva bella mostra di sé il campione. A mezzodì il Lanucci aveva ricevuto la posta, cioè il pacco d’aghi e la lettera di una Società d’assicurazioni che lo costituiva suo rappresentante. Subito al pomeriggio s’era messo alla ricerca di persone che volessero assicurarsi. Con la nota dei conoscenti ch’egli aveva sempre seco, il vecchio aveva percorso la città. Gli amici gli avevano spiegato perché non volessero assicurarsi, dimostrandogli d’essere già assicu-rati o di non poter sottostare a una spesa tanto elevata; gli altri o non l’avevano accolto, – Lanucci amava recarsi dalle persone che tenevano domestici alla porta, – o rimandato con poche e secche parole come si fa coi mendici.

Quest’ultima osservazione non era del Lanucci, il quale raccontava con la calma dell’uomo perseverante pronto a ricominciare il giorno dopo. Però nella giornata aveva fatto qualche cosa: aveva scritto alla sua Società d’assicurazioni comunicandole che nulla ancora aveva concluso, ma che sperava bene e che la senseria non gli bastava, visto ch’era tanto difficile di fare affari.

– Poveri i centesimi della posta! – mormorò la signora Lanucci facendo l’occhietto ad Alfonso, col quale aveva già parlato delle speranze e delle manie del marito.

Ella aveva seguito però con grande attenzione il racconto e gli occhi le brillavano d’ira all’udire di tanti sforzi fatti invano. Il signor Lanucci raccontava con lentezza, parlando continuava a mangiare, deponeva la forchetta dopo ogni boccone e scandeva le sillabe per far risaltare maggiormente la sua attività e la sua astuzia. Ridiceva tutti gli argomenti da lui adoperati per convincere. Con l’uno aveva parlato in genere dei vantaggi delle assicurazioni e della colpa che commette chi non si assicura; con l’altro – era un amico o un noto filantropo del proprio bisogno di venir incoraggiato; con tutti aveva esaltata la Società che rappresentava. La signora Lanucci lo stava ad ascoltare allontanandosi alquanto dal tavolo e sgretolando accanitamente coi denti dei pezzettini di pane.

Ogni parola nella famigliuola provocava facilmente delle dispute.

– Poveri i centesimi. Perché? Hai un modo curioso tu di trattare le cose!

Come se fosse impossibile che io faccia degli affari!

L’ira accumulatasi in lui durante la giornata si scatenò. Rimaneva fermo al suo posto senza gesticolare, ma gli tremavano le labbra. Gustavo rideva nel piatto.