Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 19

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Italo Svevo Una vita III

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Alfonso lo calmò; trovandosi anche lui di tempo in tempo in imbarazzi finanziari, comprendeva il dolore del vecchio. Gli disse che la signora aveva voluto scherzare, non offenderlo, e che certamente essa più di tutti aveva il desiderio di veder prosperare i suoi affari.

-Dalle parole di Alfonso il Lanucci fu portato a tutt’altro ordine d’idee; si rammentò che il confortatore poteva divenire un suo cliente e gli chiese se non avesse l’intenzione di assicurarsi, – forse contro gli accidenti?

La signora Lanucci protestò:

– Eh! vuoi lasciarlo in pace con i tuoi affari?

Il Lanucci rimase interdetto; altrettanto imbarazzato era Alfonso, dolente dell’imbarazzo del Lanucci che supponeva fosse già pentito della poca delicatezza dimostrata.

– Lo lasci parlare, – disse alla signora, – è interessante e non ci si perde niente!

Aveva trovato il modo di ridurre la cosa a una questione puramente accademica.

– Ma sì! – accentuò il Lanucci, – io non lo costringo mica ad assicurarsi o ad assicurarsi per mio mezzo! Farà lui dove vorrà! Però una persona che può è male abbastanza che non si assicuri. Può cadergli una tegola sul capo; se non è assicurato non guadagna nulla dovendo stare a letto, mentre se è assicurato fa un buon affare.

Alfonso, per cavarsela, con tutta sincerità gli spiegò le sue condizioni finanziarie. La signora Lanucci protestava, il vecchio invece con tutta calma cercava obbiezioni, però negando anche lui che il rifiuto avesse bisogno di motivazioni.

Ogni sera la famiglia Lanucci usciva dopo cena per pigliare, dicevano, un po’ d’aria. Non era questo solo lo scopo della passeggiata. La signora ne aveva introdotto l’uso per compensare Lucia dell’oretta sul Corso in compagnia delle altre sartine cui l’aveva costretta di rinunziare. Anche Gustavo li accompagnava, ma poi non rientrava. Alfonso lui pure qualche volta, annoiandovisi ma fingendo tanto bene di divertirsi da finire col crederci lui stesso.

La signora Lanucci si alzò da tavola e, indossato uno zambelucco sdruscito ma greve, attese in piedi che Lucia avesse terminata la sua teletta più compli-cata di molto. Il vecchio nel suo pastrano troppo piccolo che la moglie gli aveva aiutato ad infilare continuava a parlare, sempre ancora sperando di Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 20

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terminare la giornata con un affare, ma Alfonso, che per un istante era stato là là per cedere, si rammentò ad un tratto di tutte le dolorose difficoltà del suo stato finanziario e con voce alquanto alterata espose in cifre le sue entrate e i suoi esborsi concludendo che assolutamente non poteva neppur sognarsi di aumentare le spese. Per timore di vedersi gettato in nuovi imbarazzi finanziari ebbe frasi incisive; non voleva udire altri ragionamenti diffidando della propria fermezza. Poi gli parve che il signore ed anche la signora Lanucci lo salutassero più freddamente del solito, quantunque la signora non ommettesse di augurargli la buona fortuna. Lucia lo salutò con un inchino, e, augurando-gli il buon divertimento, gli porse con gesto studiato la mano affilata.

Alfonso rimasto solo, per lasciar trascorrere ancora qualche poco di tempo prima di recarsi dai Maller che, forse, ancora non avevano terminato di cenare, rilesse la lettera della madre.

Nella lettera la vecchia Nitti parlava molto delle speranze ch’ella riponeva in Alfonso; diceva di aver scritto alla signorina Francesca Barrini governante in casa dei Maller per raccomandarlo. Poi, per tutta la lettera aveva sparso saluti da singoli amici del villaggio di cui la vecchia signora con tutta pazienza indicava nome e cognome con l’aggiunta – ti saluta tanto, – infine due linee di baci ed abbracci e la firma: – tua madre Carolina.

Di sotto però, preceduta da un P. S. c’era la frase:

– Da due giorni non sto molto bene; oggi però sto meglio.

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ACTA G.