D’Anna Thèsis Zanichelli Italo Svevo Una vita II

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sognare. Dacché era impiegato, il suo ricco organismo, che non aveva più lo sfogo della fatica di braccia e di gambe da campagnolo, e che non ne trovava sufficiente nel misero lavorio intellettuale dell’impiegato, si contentava facendo fabbricare dal cervello dei mondi intieri. Centro dei suoi sogni era lui stesso, padrone di sé, ricco, felice. Aveva delle ambizioni di cui consapevole a pieno non era che quando sognava. Non gli bastava fare di sé una persona sovranamente intelligente e ricca. Mutava il padre, non facendolo risuscitare, in un nobile e ricco che per amore aveva sposato la madre, la quale anche nel sogno lasciava quale era, tanto le voleva bene. Il padre aveva quasi del tutto dimenticato e ne approfittava per procurarsi per mezzo suo il sangue turchi-no di cui il suo sogno abbisognava. Con questo sangue nelle vene e con quelle ricchezze si imbatteva in Maller, in Sanneo, in Cellani; naturalmente le parti del tutto invertire. Non era più lui il timido, erano costoro! Ma egli li trattava con dolcezza, davvero nobilmente, non come essi trattavano lui.

Santo lo avvertì che il signor Maller chiedeva di lui. Sorpreso ed anche alquanto allarmato, Alfonso ritornò nella stanza ove era stato poco prima.

Ora era completamente illuminata; la luce densa faceva brillare la testa nuda del principale e la sua barba rossa.

Era seduto e poggiato con ambedue le mani sul tavolo.

– Ho piacere di vedere ch’ella sia ancora qui; ciò mi dà prova della sua diligenza, della quale del resto non avevo mai dubitato.

Alfonso, rammentando la sfuriata ricevuta poco prima da Sanneo, lo guardò temendo che parlasse ironicamente, ma la faccia rosea del principale era atteggiata a serietà; gli occhi azzurri guardavano il canto più lontano del tavolo.

– Grazie! – mormorò Alfonso.

– Mi obbligherà venendo da me domani a sera a prendere il tè.

– Grazie! – ripeté Alfonso.

Tutt’ad un tratto Maller, quasi avesse penato risolversi, parlò con meno noncuranza e guardandolo:

– Perché fa disperare sua madre scrivendole che è malcontento di me e io di lei? Non si sorprenda! Lo so da una lettera scritta da sua madre alla signorina. La buona signora si lagna di me, ma di lei anche e non poco. Legga per accertarsene!

Gli porse una carta che Alfonso riconobbe derivante dalla bottega del Creglingi. Vi gettò un’occhiata ed erano proprio i cari caratteri della madre.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 14

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli Italo Svevo Una vita II

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Arrossì; si vergognava di quella brutta scrittura e di quel brutto stile. C’era in lui qualche cosa di offeso per quella lettera resa pubblica.

– Ora ho mutato di opinione… – balbettò, – sono contento! Sa… la lontananza… la nostalgia…

– Capisco, capisco! ma via, siamo uomini! – e ripeté più volte questa frase. Poi di tutto cuore assicurò ad Alfonso che in ufficio gli si voleva bene e che cominciando da lui e dal signor Cellani, il procuratore, fino al capo corrispondente, il signor Sanneo, tutti desideravano di vederlo progredire rapidamente. Congedandolo ripeté: – Siamo uomini – e lo salutò con un cenno amichevole; Alfonso uscì tutto confuso.

Dovette confessare che il signor Maller aveva l’aspetto di persona buona, e, facilmente impressionabile, la sua posizione alla banca gli sembrò migliorata: alla fine qualcuno si curava di lui!

Era però pentito di non essersi contenuto con maggior franchezza e con maggior sincerità; perché aveva smentito quelle verità confessate alla madre?

Avrebbe dovuto corrispondere alla bontà del principale con una franca esposizione dei suoi desideri e ne avrebbe forse avuto il vantaggio di vederne soddisfatto qualcuno, certo il vantaggio di aver incamminato col principale una relazione amichevole, perché non è offesa chiedere protezione.