Nessun delitto si deve considerare prezzo troppo caro per una tale ricompensa; guardati quindi dal vilipendere l'indiano. Tu non hai adempiuto alle condizioni necessarie per i suoi servizi; non si richiederà, per esempio, un sacrificio ai geni sotterranei? E non dovremmo esser pronti ad offrirlo non appena il tumulto sarà sedato? Questa parte me l'assumerò io; non ho dubbi sull'esito, con l'aiuto dei tuoi tesori di cui si può usare senza paura, dal momento che tanti altri sono in gioco —. Quindi la principessa, che disponeva della pili consumata abilità nell'arte di persuadere, tornò indietro immediatamente per il passaggio sotterraneo; e presentandosi alla folla da una finestra del palazzo, cominciò ad arringarla con tutta l'astuzia di cui era padrona; mentre Bababalouk distribuiva denaro a due mani fra la folla che fu presto pacificata da simili stratagemmi. Ciascuno si ritirò a casa sua e Carathis ritornò nella torre.
Si chiamava alla preghiera dell'alba quando Carathis e Vathek salirono i gradini che portavano in cima alla torre, dove rimasero per qualche tempo benché il cielo fosse coperto e minacciasse la pioggia.
L'oscurità incombente corrispondeva alla loro cattiva disposizione; ma quando il sole cominciò a irrompere attraverso le nubi, ordinarono che fosse innalzato un padiglione a riparo dei raggi fastidiosi. Il califfo, sopraffatto dalla fatica, cercò sollievo nel riposo sperando insieme che qualche sogno venisse ad alleviare i suoi sonni; mentre l'infaticabile Carathis, seguita da una parte dei suoi muti, scendeva a preparare quanto le sembrava adatto per l'oblazione della prossima notte.
Per scale segrete, scavate nello spessore delle muraglie e note soltanto a lei e a suo figlio, ella si recò prima in quei misteriosi recessi dove erano conservate le mummie tolte alle catacombe degli antichi faraoni. Di queste ne fece scegliere alcune. Passò quindi a una galleria dove, sotto la guardia di cinquanta femmine negre mute e cieche dell'occhio destro, si conservavano i succhi dei più velenosi serpenti, corna di rinoceronti, legni che davano un odore sottile e penetrante, portati dall'interno delle Indie, e mille altre orribili rarità. Questa collezione era stata curata da Carathis per uno scopo appunto di questo genere, quando presentiva che avrebbe potuto avere un giorno qualche relazione con le potenze infernali a cui era stata sempre appassionatamente devota, e ai cui gusti non era estranea.
Per familiarizzarsi meglio con gli orrori che aveva davanti, la principessa rimase in compagnia delle sue negre che ammiccavano nel modo più amabile con il loro unico occhio e fissavano con espressione di squisita delizia i teschi e gli scheletri che Carathis aveva tirato fuori dai suoi ripostigli. Intanto si abbandonavano tutte alle più atroci contorsioni ed emettevano stridule grida, cosi che la principessa ne fu stordita; e, soffocata dalla potenza delle esalazioni, fu costretta a lasciare la galleria dopo avervi ammassato una parte dei suoi abominevoli tesori.
Mentre ella si occupava in tal modo, il califfo, che invece delle visioni che si aspettava aveva trovato in quelle eteree regioni un appetito inconsueto, era grandemente irritato nei riguardi delle mute. Avendo del tutto dimenticato il male da cui erano affette, domandò loro impazientemente del cibo; e vedendole affatto indifferenti alla sua domanda, cominciò a picchiarle, a pizzicarle, e a morderle finché non giunse Carathis a porre termine a una scena cosi indecorosa; con grande soddisfazione di quelle miserabili creature. — Figlio, che vuol dire tutto questo? — disse, col respiro ancora anelante. — Pensavo mentre salivo di udire l'urlo di mille pipistrelli strappati ai loro crepacci nel fondo delle caverne; ed erano solo i gridi di queste povere mute di cui tu abusi cosi ingenerosamente. In verità non meriteresti queste meravigliose cose che ho preparate per te.
— Dammele subito, — esclamò il califfo. — Muoio di fame. — Oh, per questo, — rispose Carathis, — devi avere uno stomaco eccellente se riesci a digerire quello che ti ho portato. — Fa' presto, — replicò il califfo; — ma, cielo, quali orrori! che cosa vuoi farne? — Vieni, vieni, — rispose Carathis, — non essere cosi schizzinoso; aiutami piuttosto a disporre tutto per bene; e vedrai che quello che ora rifiuti con tali segni di disgusto porterà a compimento la tua felicità. Prepariamo il rogo per il sacrificio di stanotte e non pensare a mangiare finché non sia compiuto; non sai che tutti i riti solenni devono essere preceduti da una rigorosa astinenza?
Il califfo, non osando obiettare alcunché, si abbandonò allo strazio e al vuoto che devastavano le sue viscere, mentre la madre procedeva nelle operazioni previste. Ben presto, ampolle d'olio di serpente, mummie e scheletri furono disposti in ordine sulla balaustra della torre. La pila cominciò a crescere e in tre ore fu alta venti cubiti. Finalmente scese l'oscurità e Carathis, dopo essersi tolto fin l'ultimo indumento, batté le mani in un gesto di estasi; le mute seguirono il suo esempio; ma Vathek, consumato dalla fame e dall'impazienza, non fu in grado di reggersi e cadde in deliquio. Le fiamme avevano raggiunto il legno secco; i succhi velenosi bruciavano in mille vampe azzurre; le mummie, dissolvendosi, emanavano un denso vapore oscuro; e i corni dei rinoceronti, cominciando a consumarsi, diffondevano un tale fetore che il califfo, rianimatosi, usci dalla sua incoscienza e fissò stravolto la scena tutta in fiamme intorno a lui. L'olio straripò in impetuosi rivoletti, e le negre che lo gettavano senza interruzione unirono le loro grida a quelle della principessa. Finalmente il fuoco divenne cosi violento e il riverbero delle fiamme sui marmi lucidi cosi accecante che il califfo, non potendo più sopportare il calore e le vampe, scappò e andò a rifugiarsi sotto lo stendardo imperiale.
Intanto gli abitanti di Samarah, richiamati dalla luce che si diffondeva sulla città, si alzarono frettolosamente, salirono sulle altane e, vista la torre in fiamme, seminudi si precipitarono nella piazza. L'amore verso il sovrano si risvegliò immediatamente in loro; e vedendo che egli si trovava in pericolo di vita dentro la torre, tutti i loro pensieri erano rivolti a ricercare il modo di salvarlo. Morakanabad accorse dal suo ritiro, si asciugò le lacrime, e come tutti gli altri incominciò a invocare: acqua! acqua! Bababalouk, i cui nervi olfattivi avevano invece più familiarità con gli odori magici, supponendo che Carathis fosse intenta alle sue occupazioni predilette, li esortò a non allarmarsi tanto. Ma fu trattato da vecchio cialtrone e ingiuriato come traditore. I cammelli e i dromedari avanzavano intanto con l'acqua; soltanto, nessuno sapeva come entrare nella torre. Mentre la plebaglia si ostinava a forzare le porte, un violento vento di nord-est rivolse verso di loro un'enorme vampata di fiamme. Sul principio alcuni arretrarono, ma subito tornarono all'attacco con zelo raddoppiato. Siccome cresceva il fetore di corna e di mummie, molti nella folla cominciarono a cadere all'indietro in uno stato di soffocazione.
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