Quelli che restavano in piedi si chiedevano a vicenda la ragione di un tale puzzo e si esortavano l'un l'altro ad arretrare. Morakanabad, più sofferente degli altri, si trovava in condizioni pietose. Pure, chiudendosi il naso con una mano, tutti insistevano con l'altra nei loro sforzi per aprire la porta e riuscire ad entrare. Centoquaranta dei più forti e dei più risoluti attuarono finalmente il loro proposito. Arrivati sul pianerottolo a prezzo di violenti esercizi, essi raggiunsero in un quarto d'ora una notevole altezza.
Carathis, allarmata dai segni delle sue mute, si spinse sul pianerottolo, scese qualche gradino e udì delle voci che gridavano dal basso: — Fra un momento avrete l'acqua —. Essendo ancora piuttosto svelta per la sua età, tornò su rapidamente e ordinò a suo figlio di sospendere il sacrificio per qualche minuto, aggiungendo: — Presto avremo modo di renderlo più gradito. Alcuni fra i tuoi sudditi, immaginando senza dubbio che noi fossimo in preda alle fiamme, sono stati abbastanza audaci da sfondare quelle porte finora inviolate per portarci dell'acqua. Sono molto gentili, devi riconoscerlo, a dimenticare cosi presto i torti che tu hai fatto loro; ma ora non è cosa che importi molto. Offriamoli al Giaurro. Lasciamo che salgano: le nostre mute, a cui non mancano né la forza né l'esperienza, potranno spacciarli facilmente, esausti come sono dalla stanchezza. — Cosi sia, — rispose il califfo, — ma purché finiamo e io possa andare a cena —. Infatti quella buona gente, rimasta senza fiato per aver salito con tanta fretta millecinquecento scalini e avvilita per avere versato per strada l'acqua che portava con sé, non fece a tempo ad arrivare sulla terrazza che subito fu sopraffatta dal riflesso delle fiamme e dal fumo delle mummie. E fu un peccato, perché non poterono vedere cosi il grazioso sorriso con cui le mute e le negre aggiustavano loro le corde intorno al collo: ma questi amabili personaggi non furono per ciò men soddisfatti dell'episodio. La cerimonia dello strangolamento non si era mai svolta prima con tanta semplicità.
Cadevano tutti senza opporre la minima resistenza; e cosi Vathek, nello spazio di pochi attimi, si trovò circondato dai cadaveri dei più fedeli tra i suoi sudditi; i quali furono poi tutti gettati in cima al rogo. Carathis, che non perdeva mai la sua presenza di spirito, considerando che aveva carcasse sufficienti per completare la sua oblazione, ordinò che si tirassero delle catene lungo le scale e che si barricassero le porte di ferro in modo che nessun altro potesse salire.
Non appena questi ordini furono dati, la torre tremò; i corpi svanirono nelle fiamme che istantaneamente si mutarono da un cremisi scuro in un rosa acceso; un vapore diffuso emanò le più squisite fragranze; le colonne di marmo diedero suoni armoniosi e dai corni liquefatti spirò un delizioso profumo. Carathis, esultante, anticipava il felice esito delle sue intraprese; mentre le mute e le negre, a cui queste delicatezze avevano datola colica, si ritirarono borbottando nelle loro celle.
Erano appena andate via, quando, invece della pila con corni, mummie e ceneri, il califfo, con sua inesprimibile soddisfazione, vide e senti davanti a sé una tavola coperta di magnifiche vivande, caraffe di vino e coppe di uno squisito sorbetto circondato di neve. Egli si impossessò senza scrupolo di queste offerte e già aveva messo le mani su un agnello ripieno di pistacchi mentre Carathis, da parte sua, si mise a tirar fuori da un'urna filogranata una pergamena che sembrava interminabile e che era sfuggita a suo figlio. Preso dal bisogno di saziare il suo insolente appetito, egli la lasciò continuare senza interromperla; ma non appena ebbe finito di leggere, ella gli disse in tono autoritario: — Metti fine alla tua avidità e ascolta le splendide promesse che ti sono elargite! — Quindi lesse quello che segue: «Vathek mio beneamato, tu hai sorpassato le mie speranze: le mie narici sono state deliziate dall'aroma delle mummie, dei corni e soprattutto delle vite sacrificate sulla pila. A luna piena fa' che si sentano suonare i tuoi musici, i tuoi cembali; lascia il tuo palazzo, circondato da tutti i segni della maestà -gli schiavi più fedeli, le mogli più care, le lettighe più splendide e i cammelli da carico più sontuosi - e prendi la via di Istakar. Là aspetterò la tua venuta: quella è la regione dei prodigi: li avrai il diadema di Gian Ben Gian, i talismani di Solimano e i tesori dei sultani pre-adamiti; li sarai confortato da ogni sorta di delizie. Ma guardati dall'entrare in qualsiasi dimora lungo la strada; o proverai gli effetti del mio sdegno».
Il califfo, nonostante la sua abituale lussuria, non aveva mai mangiato prima d'allora con tanta soddisfazione. Diede pieno corso alla sua gioia per queste auree novelle e si dispose a bere di nuovo. Carathis, la cui antipatia per il vino non era affatto insuperabile, non mancava di rispondere con un brindisi ad ogni bicchiere che egli ironicamente tracannava alla salute di Maometto. Quell'infernale liquore portò al massimo la loro empia temerità e li condusse a uscirsene in una profusione di bestemmie. Diedero fondo al loro spirito alle spese dell'asina di Balaam, del cane dei sette dormienti e degli altri animali ammessi nel paradiso di Maometto. In questa vivace disposizione scesero i millecinquecento scalini, divertendosi a guardare attraverso le feritoie e i barbacani i visi ansiosi sulla piazza; e finalmente arrivarono agli appartamenti reali attraverso il passaggio sotterraneo. Bababalouk si pavoneggiava avanti e indietro tutto intento a trasmettere con grande solennità i suoi ordini agli eunuchi, che erano occupati a spegnere le luci e a dipingere gli occhi delle circasse. Appena scorti il califfo e sua madre, egli esclamò: — Vedo che siete sfuggiti alle fiamme; confesso che non avevo smesso del tutto di dubitarne. — Ma che cosa importa a noi quello che pensi tu? — gridò Carathis; — va' svelto e di' a Morakanabad che abbiamo immediatamente bisogno di lui; e guarda di non fermarti in strada per fare le tue insipide riflessioni.
Morakanabad non esitò a obbedire e fu ricevuto da Vathek e da sua madre con grande solennità. Essi gli raccontarono con un'aria compunta e piena di pietà che il fuoco in cima alla torre era stato estinto; ma che era costato la vita a quei bravi cittadini che erano corsi a porgere loro aiuto.
— Ancora sciagure, — esclamò Morakanabad con un sospiro.
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