Morrison, con la faccia smunta, lo seguì obbediente in un tugurio cupo e fresco, dove in qualunque altro momento non si sarebbe degnato di entrare. Era sconvolto. Non sapeva nemmeno quello che stava dicendo. Avreste potuto portarlo sull’orlo di un precipizio con altrettanta facilità come in quel negozio di vinaio. Si mise a sedere come un automa. Non faceva motto, ma vide un bicchiere pieno di un grossolano vino rosso davanti a sé, e lo vuotò. Frattanto Heyst, con attenta cortesia, aveva occupato una sedia di fronte a lui.

«Ho paura che stiate attraversando un ritorno di febbre», disse, con un tono di solidarietà.

Alla fine la lingua di Morrison si sciolse.

«Febbre!» gridò. «Datemi la febbre! Datemi la peste, non sono che malattie. Uno le fa e le supera. Ma a me, mi stanno massacrando. Mi stanno massacrando i portoghesi. Questa teppa di qui è riuscita finalmente a mettermi nei guai.

Le taglieranno la gola dopodomani».

Di fronte a una così violenta emozione Heyst fece un leggero moto di sorpresa con le sopracciglia, quale non sarebbe stato fuori di luogo in un salotto. La riservatezza disperata di Morrison era ormai rotta. Era andato vagabondo, con la gola secca, attraverso tutta quella miserabile borgata di tuguri di fango, in silenzio, senza un’anima a cui si potesse rivolgere nella sua tragedia, e reso anzi quasi pazzo dai pensieri che lo tormentavano; e d’un tratto aveva incappato in un uomo bianco, bianco di nome e di fatto - poiché Morrison si rifiutava di riconoscere il titolo ufficiale di bianchi ai funzionari portoghesi. Si lasciò andare a sfogarsi, nient’altro che per il sollievo che gli davano quelle parole violente, coi gomiti piantati sulla tavola, gli occhi iniettati di sangue, quasi ormai senza voce, con la tesa del rotondo cappello coloniale che adombrava un volto livido e non rasato. Il suo abito bianco, che non si era tolto di dosso per tre giorni, era ciancicato. Sembrava ormai andato al peggio, senza possibilità di ripresa. Questo spettacolo, per Heyst, era scandaloso; ma non lasciò trasparire nulla di ciò nel suo portamento, nascondendo le sue impressioni sotto quelle sue maniere consumate da uomo di buona società. Tutto ciò che dette a vedere fu un atteggiamento di cortese attenzione, quale è dovuta da un gentiluomo che ne ascolta un altro; e, come al solito, era un atteggiamento contagioso; per cui anche Morrison si tirò su, riprese il dominio di se stesso, e finì il racconto in un tono di normale conversazione, con l’aria di un vero uomo di mondo.

«È un complotto da mascalzoni. Purtroppo, uno non ha difesa. Quel furfante di Cousinho-Andreas, sapete, è da anni che concupisce il mio brigantino. Naturalmente, non l’avrei mai venduto. Non è soltanto da lui che io ricavo il mio vivere; è la mia vita stessa! E allora, ha organizzato questo piccolo complotto col direttore della dogana. Si capisce che la vendita sarà una farsa.