È caratteristico dell’esistenza indipendente e vagabonda che conduceva Heyst il fatto che egli poté accettare questa proposta. Non c’è nessuna ragione di credere che egli, proprio allora, desiderasse in modo particolare andarsene attorno, su quel brigantino, a ficcare il naso in tutti i buchi e gli angoli dell’Arcipelago dove Morrison svolgeva la maggior parte del suo commercio. La cosa non stava certo così; ma egli avrebbe acconsentito, si può dire, a qualunque soluzione gli venisse proposta, pur di metter fine a quella scena tormentosa nella cabina. E subito ci fu un grande cambiamento di scena: Morrison che levava la testa umiliata e, fissando la caramella nell’occhio, guardava affettuosamente Heyst; veniva stappata una bottiglia; e così via. Fu stabilito che, di questo accordo, non si dovesse dire nulla a nessuno. Bisogna capire che Morrison non era davvero orgoglioso di quell’episodio, e temeva di venir preso in giro in modo non troppo benevolo.
«Un vecchio consumato come me, lasciarsi intrappolare da quei maledetti cialtroni portoghesi! Non la finirebbero più! Bisogna tenere la cosa assolutamente in silenzio…»
Per motivi del tutto diversi, fra i quali il principale era la sua innata delicatezza, Heyst era ancor più ansioso di impegnarsi al silenzio. Era ben naturale che un gentiluomo non volesse fare la parte del messaggero celeste che Morrison gli voleva per forza attribuire. Già la cosa bastava a mettere Heyst a disagio. E forse non gli piaceva che si sapesse che disponeva di qualche mezzo, quale che ne fosse l’entità - ma, in ogni caso, tale da consentirgli di prestar denaro ad altri. I due ebbero là dentro un duetto, come cospiratori di un’opera buffa, tutto fatto di «Ssss! Ssss!
Segretezza! Segretezza!» La cosa fu senz’altro molto comica, perché tutti e due la facevano molto sul serio.
E, per un certo tempo, la cospirazione riuscì, almeno in questo senso, che tutti concludemmo che Heyst era diventato un ospite pagante del dabbene Morrison - alcuni dicevano: viveva alle spalle di quello scemo - sul suo brigantino. Ma voi sapete come avviene con tutti i misteri di questo genere. C’è sempre un’apertura dalla quale traspare la verità. Morrison per parte sua, non essendo affatto un recipiente a tenuta perfetta, scoppiava di gratitudine, e questo lo condusse a lasciar trapelare qualcosa di vago, abbastanza per dare un appiglio ai chiacchieroni dell’isola. E voi sapete quanto benevolo sia il mondo nei suoi commenti intorno alle cose che non capisce. Sorse la chiacchiera che Heyst, essendo riuscito a procurarsi una qualche misteriosa influenza su Morrison, gli si era appiccicato addosso e lo succhiava come una sanguisuga. Coloro che sapevano da dove fossero mosse queste chiacchiere avevano molta cura di non crederle. Poiché, a quanto sembra, chi le aveva originate era un certo Schomberg, un grosso personaggio virile, barbuto, della stirpe teutonica, dotato di una lingua incontrollabile, che sembrava girasse di continuo sopra un cardine. Se davvero fosse un tenente della riserva, come dichiarava, non so. Laggiù, di professione teneva degli alberghi, prima a Bangkok, poi in qualche altro luogo, e alla fine a Surabaya. Si tirava dietro, su e giù per quella parte dei Tropici, una donnetta silenziosa e spaventata, con dei lunghi riccioli, che guardava la gente sorridendo con un’aria stupita, e scoprendo un dente blu. Non so perché tanti, fra noi, frequentassero i suoi vari alberghi. Era un asinaccio sgradevole, e soddisfaceva la sua ingordigia di sciocchi pettegolezzi a spese dei propri clienti. Fu lui che una sera, mentre Morrison e Heyst passavano davanti all’albergo - non erano suoi clienti abituali -, bisbigliò misteriosamente alle varie persone, di genere molto disparato, riunite sulla veranda:
«Il ragno e la mosca sono passati proprio ora, signori». Poi, con un’aria molto importante e confidenziale, e la manona grassa stesa a un lato della bocca: «Resti qui fra noi: bene, signori, posso dirvi soltanto questo: cercate di non aver mai niente a che fare con quello svedese. State attenti di non farvi prendere nella sua ragnatela».
III
La natura umana essendo quella che è, ed avendo un lato stupido oltre che un lato meschino, non furono pochi quelli che si dettero l’aria di essere indignati, in base alla sola autorità che veniva loro dal fatto della comune inclinazione a credere qualunque storia cattiva; e vi furono molti altri cui sembrò soltanto una cosa buffa chiamare Heyst il Ragno, dietro le sue spalle, si capisce. Lui era altrettanto serenamente inconsapevole di questo come degli altri vari nomignoli che gli avevan dati. Ma ben presto la gente trovò da dire altre cose sul conto di Heyst; non passò molto tempo che egli venne a trovarsi in grande evidenza, per faccende più grosse.
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