Si chinò ancora. Era disturbato dalla fiamma dello scappamento, attac-cata al motore come un mazzo di fiori di fuoco, così pallido che lo splendor della luna l’avrebbe spento, ma che, in quel nulla, assorbiva tutto il mondo visibile. Guardò quella fiamma. Era intrecciata duramente dal vento, come quella d’una torcia.
Ogni trenta secondi, per verificare il giroscopio e la bussola, Fabien riti-41
rava la testa nella carlinga. Non osava più accendere le deboli lampade rosse che lo abbagliavano lungamente, ma tutti gli strumenti con le cifre di radio versavano una pallida chiarità d’astri. E lì, tra le sfere e le cifre, il pilota provava ingannevole sicurezza, quella della cabina d’una nave sulla quale passa l’ondata. La notte, e tutto quello che essa recava di rocce, di rottami, di colline, scivolava così contro l’aeroplano con la stessa stupefacente fatalità.
«Dove siamo?» ripeteva il radiotelegrafista.
Fabien emergeva di nuovo, e riprendeva, appoggiato a sinistra, la sua veglia terribile. Egli non sapeva quanto tempo, quanti sforzi fossero necessari per liberarlo da quei cupi legami; dubitava sinanche di doversene prima o poi liberare, perché giocava la sua vita su quel piccolo pezzo di carta sudicio e ciancicato che aveva spiegato e letto mille volte, per nutrirne la sua speranza: «Trelew: cielo per tre quarti coperto, vento Ovest debole».
Se Trelew era per tre quarti coperto, si sarebbero scorti i suoi lumi attraverso le lacerazioni delle nuvole. A meno che…
La pallida luce promessa più lontano lo induceva a proseguire; nondimeno, poiché dubitava, scarabocchiò queste parole per il radiotelegrafista:
«Ignoro se potrò passare. Mi sappia dire se il tempo è sempre bello dietro di noi».
La risposta lo costernò:
«Commodoro segnala: ritorno qui impossibile. Tempesta.»
Egli cominciava a intuire l’offensiva insolita che, dalla Cordigliera delle Ande, si abbatteva sul mare. Prima che potesse raggiungerle, il ciclone gli avrebbe rubato le città.
«Chieda il tempo a Sant’Antonio.»
«Sant’Antonio ha risposto: vento Ovest si leva e tempesta dall’Ovest.
Cielo interamente coperto. Sant’Antonio sente assai male per causa delle scariche. Anch’io sento assai male. Temo di dover ritirare l’antenna al più presto. Farà dietro-front? Che progetti ha?»
«Non mi secchi. Domandi il tempo a Bahia Bianca.»
«Bahia Bianca ha risposto: prevediamo entro venti minuti violento uragano Ovest su Bahia Bianca.»
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«Domandi il tempo a Trelew.»
«Trelew ha risposto: uragano trenta metri secondo Ovest a raffiche di pioggia.»
«Comunichi a Buenos Aires: siamo serrati da tutte le parti, tempesta si sviluppa su mille chilometri, non vediamo più nulla. Cosa dobbiamo fare?»
Per il pilota quella notte era senza sponde, poiché essa non conduceva né verso un porto (essi parevano tutti inaccessibili), né verso l’alba: tra un’ora e quaranta il carburante sarebbe finito. Prima o poi sarebbe dunque stato obbligato a lasciarsi calare, come un cieco, entro quello spessore.
Se avesse potuto giungere fino al giorno…
Fabien pensava all’alba come a una spiaggia di sabbia dorata sulla quale l’aeroplano sarebbe stato gettato dopo quella dura notte. Sotto il velivolo minacciato sarebbe allora nata la riva delle pianure. La terra tranquilla avrebbe portato le sue fattorie addormentate e le sue greggi e le sue colline.
Tutti i rottami che correvan nell’ombra sarebbero divenuti inoffensivi.
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