Gli sembrava che essa, dopo aver stancato i suoi deboli pugni contro il muro, gli fosse caduta ai piedi.
Un giorno un ingegnere aveva detto a Rivière, mentre questi si curvava su un ferito presso un ponte in costruzione: «Questo ponte vale il prezzo d’un volto sfracellato?». Non uno dei contadini per cui veniva aperta quella 49
strada avrebbe accettato, per evitare un lungo giro vizioso sino al ponte seguente, di mutilare quel terribile volto. E tuttavia i ponti vengono costruiti.
L’ingegnere aveva soggiunto: «L’interesse generale è formato di interessi particolari: esso non giustifica niente altro». «E tuttavia» gli aveva risposto più tardi Rivière «benché la vita umana non abbia prezzo, noi operiamo sempre come se qualche cosa sorpassasse in valore la vita umana… Ma co-sa?»
E Rivière, pensando all’equipaggio, ne ebbe il cuore stretto. L’azione, anche quella per costruire un ponte, distrugge delle felicità; Rivière non poteva più fare a meno di chiedersi: “In nome di cosa? .
“Quegli uomini che stanno per sparire” pensava “avrebbero potuto vivere felici.” E vedeva dei volti chini nel santuario d’oro delle lampade serali.
“In nome di cosa li ho strappati a quel santuario?” In nome di cosa li ho strappati alla felicità individuale? La prima legge non è forse quella di di-fendere quelle felicità? Ma egli stesso le spezza. E tuttavia, fatalmente, un giorno, i santuari d’oro svaniscono come miraggi. La vecchiaia e la morte li distruggono, più spietatamente ch’egli non faccia. Esiste forse qualcos’altro di più durevole da salvare; ed è forse per salvare questa parte dell’uomo che Rivière lavora? Diversamente, l’azione per sé non giustificherebbe nulla.
“Amare, amare solamente, che vicolo cieco!” Rivière ebbe il senso che esistesse un dovere più grande di quello d’amare. Forse si trattava ancora d’una tenerezza, ma così diversa dalle altre. Una frase tornò a lui: “Si tratta di farli eterni…”. Dove l’aveva letta? “Quello che voi perseguite in voi stessi, muore.” E rivide un tempio al dio del Sole, un tempio degli Incas al Pe-rù. Pietre diritte sulle montagne. Senza di loro che cosa rimarrebbe d’una civiltà potente, che pesava con tutto il peso delle sue pietre sull’uomo del giorno d’oggi come un rimorso? “In nome di quale durezza, in nome di quale strano amore, il conduttore di popoli d’altre epoche, costringendo le folle ad issare quel tempio sulla montagna, impose loro di erigere la loro eternità?” Rivière rivide ancora, nelle sue fantasticherie, le folle delle piccole città, che, la sera, girano intorno al chiostro della banda civica: “Questo genere di felicità, questa armatura…” pensò. Il conduttore di popoli delle epoche lontane, se non ebbe forse pietà della sofferenza dell’uomo, ebbe però pietà, e immensamente, della sua morte. Non della sua morte individuale, ma pietà della specie che il mare di sabbia doveva cancellare; e per-50
ciò aveva spinto il suo popolo ad erigere quelle pietre che il deserto non avrebbe potuto seppellire.
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XV
Questa carta piegata in quattro forse lo salverebbe: Fabien la svolgeva coi denti serrati:
«Impossibile intendersi con Buenos Aires. Non posso nemmeno trasmettere. Ricevo delle scintille nelle dita.»
Fabien, irritato, volle rispondere, ma quando le sue mani abbandonarono le leve di comando per scrivere, una specie d’ondata possente penetrò il suo corpo: i risucchi lo sollevavano, con le sue cinque tonnellate di metallo, e lo facevano ondeggiare. Ci rinunciò.
Le sue mani si chiusero di nuovo sull’ondata e la domarono.
Fabien respirò fortemente. Se il radiotelegrafista avesse ritirato l’antenna per paura dell’uragano, all’arrivo gli avrebbe rotto il muso. Era necessario, a qualunque costo, entrare in contatto con Buenos Aires, come se, a più di millecinquecento chilometri, qualcuno potesse lanciar loro una corda in quell’abisso. In mancanza d’una luce tremolante, d’una lampada d’albergo quasi inutile, ma che avrebbe provato l’esistenza della terra come un faro, egli aveva almeno bisogno d’una voce, una sola, che venisse dal mondo che non esisteva già più. Il pilota alzò e scosse il pugno nella luce rossa, per far capire all’altro, dietro di lui, questa tragica verità; ma l’altro, chino sullo spazio devastato, sulle città sepolte, sulle luci morte, non se ne accorse.
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