Non ha più nessuna speranza: quell’equipaggio sprofonderà in qualche luogo nella notte.
Rivière si ricorda d’una visione che aveva colpito la sua infanzia: si stava vuotando uno stagno per trovare un corpo. Non si troverà nulla, anche questa volta, prima che quella massa d’ombra sia scivolata via sopra la terra, sino a che non risalgan nel giorno le sabbie, le pianure, i campi di gra-no. Qualche contadino scoprirà allora due bimbi col gomito piegato sul vi-so; parrà che essi dormano sull’erba e sull’oro d’un fondo tranquillo ma la notte li avrà annegati.
Rivière pensa ai tesori sepolti nelle profondità della notte come in mari favolosi… Ai meli notturni che attendono il giorno con tutti i loro fiori, fiori che non servono ancora. La notte è ricca, piena di profumi, d’agnelli addormentati e di fiori che non hanno ancora colori.
A poco a poco, saliranno verso il giorno i solchi grassi, i boschi molli, l’erbe mediche fresche. Ma tra le colline ormai inoffensive e le praterie e gli agnelli, nella bontà del mondo, due bimbi sembreranno addormentati: e qualche cosa sarà scivolato dal mondo visibile nell’altro.
Rivière conosce la moglie di Fabien, inquieta e tenera: quell’amore le è stato appena prestato, come un giocattolo a un bimbo povero.
Rivière pensa alla mano di Fabien, che, per qualche minuto ancora, tiene stretto il suo destino nelle leve del comando. Quella mano che ha accarezzato, quella mano che s’è posata su un seno e vi ha acceso un tumulto, come una mano divina. Quella mano che s’è posata su un volto, ed ha mu-tato quel volto. Quella mano ch’era miracolosa.
Fabien quella notte erra sullo splendore d’un mare di nuvole, ma, più in giù, c’è l’eternità. Egli è perso tra le costellazioni ov’è solo. Egli tiene ancora il mondo tra le sue mani e lo fa ondeggiare contro il suo petto. Stringe nel suo volante il peso della ricchezza umana, e porta, disperato, da una stella all’altra, l’inutile tesoro che sarà costretto a restituire…
Rivière pensa che un posto radiotelegrafico lo ascolta ancora. Non c’è che un’onda musicale che leghi ancora Fabien al mondo, una modulazione 58
in minore. Non un lamento. Non un grido. Ma il suono più puro che la di-sperazione abbia mai modulato.
59
XIX
Robineau lo trasse dalla sua solitudine.
«Signor direttore, ho pensato… si potrebbe forse tentare…»
Non aveva nessuna proposta da fare, ma dimostrava così la sua buona volontà. Avrebbe tanto voluto trovare una soluzione, e l’andava cercando come si cerca quella d’un rebus. Egli trovava sempre soluzioni che Rivière non ascoltava mai: «Vede, Robineau, nella vita non ci sono soluzioni. Ci sono delle forze in cammino: bisogna crearle, e le soluzioni vengono do-po». Così Robineau limitava la sua parte a creare una forza in cammino nella corporazione dei meccanici. Un’umile forza in marcia che preservava dalla ruggine i mozzi delle eliche.
Ma gli avvenimenti di quella notte trovavano Robineau disarmato. Il suo titolo d’ispettore non aveva alcun potere sugli uragani, né su un equipaggio fantasma, il quale non si dibatteva più per guadagnare un premio d’esattezza, ma per sfuggire ad una sola sanzione, che annullava quelle di Robineau: la morte.
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