E Robineau, ormai inutile, errava per gli uffici, senza lavoro.

La moglie di Fabien si fece annunciare. Essa attendeva, spinta dall’inquietudine, nell’ufficio dei segretari, che Rivière si decidesse a riceverla. I segretari, di sottecchi, alzavano gli occhi verso il suo volto; ed essa ne provava una specie di vergogna e guardava timorosa intorno a sé: tutto qui la respingeva. Quegli uomini che continuavano il loro lavoro, come se pas-sassero su un cadavere; quegli incartamenti nei quali la vita umana, la sofferenza umana non lasciavano che un residuo di cifre dure. Ella cercava dei segni che le parlassero di Fabien. In casa sua tutto parlava di quell’assenza: il letto colle coltri ripiegate, il caffè pronto, un mazzo di fiori… Qui, essa non scopriva alcun segno. Tutto s’opponeva all’amicizia, alla pietà, al ricordo. La sola frase che riuscì a cogliere, perché nessuno alzava la voce dinanzi a lei, fu la bestemmia d’un impiegato, che reclamava un borderò.

«… Il borderò delle dinamo, santo Dio! che dobbiamo spedire a Santos.»

Essa alzò gli occhi su quell’uomo, con un’espressione d’infinito stupore; poi sul muro ov’era appesa una carta. Le sue labbra tremavano un po’, appena.

60

La giovane donna intuiva con imbarazzo come lì ella esprimesse una verità nemica, e rimpiangeva quasi d’esser venuta, avrebbe voluto nascon-dersi, e, per tema d’esser troppo notata, si faceva forza per non tossire e per non piangere. Ella si scopriva sconveniente, come se fosse nuda. Ma la sua verità era così forte, che gli sguardi furtivi risalivano, instancabilmente, a leggerla sul suo viso. Quella donna era molto bella. Ella rivelava agli uomini il mondo sacro della felicità; rivelava quale materia augusta si tocchi talvolta, senza saperlo, operando. Sotto tanti sguardi, ella chiuse gli occhi.

Ella rivelava quale pace, senza saperlo, si possa distruggere Rivière la ricevette.

Ella veniva a perorare timidamente per i suoi fiori, per il suo caffè pronto, per la sua carne giovane. E di nuovo, in quell’ufficio ancora più freddo, il lieve tremito delle sue labbra ricominciò. Anch’ella scopriva la sua verità in questo mondo diverso dal suo, inesprimibile. Tutto quello che v’era in lei d’amore quasi selvaggio a furia di fervore, di devozione, le pareva assume-re qui un volto importuno, egoista.

E avrebbe voluto fuggire:

«La disturbo…»

«Signora» disse Rivière «lei non mi disturba. Disgraziatamente, signora, tanto io che lei non possiamo far altro che attendere.»

Ella alzò lievemente le spalle e Rivière comprese il senso di quel gesto:

“A che serviranno quella lampada, quel pranzo pronto, quei fiori che ritroverò a casa…”. Un giorno una giovane madre aveva confessato a Rivière:

«Non sono ancora riuscita a capire la morte del mio bimbo. Son le piccole cose che si mostran più dure: i vestitini che ritrovo, e, se mi risveglio la notte, quella tenerezza, che mi sale ugualmente al cuore, inutile ormai co-me il mio latte…». Anche per questa donna, la morte di Fabien comince-rebbe domani, in ogni atto ormai vano, in ogni oggetto. Così Fabien lasce-rebbe lentamente la sua casa. Rivière taceva una profonda pietà. «Signora…»

La giovane donna si ritirava con un sorriso quasi umile, ignorando quale fosse la sua forza.