Rivière sedette, un po’ pesante.
«Anche lei mi aiuta a scoprire quello che cercavo…»
61
Batteva distrattamente il dito sui telegrammi di protezione degli scali del Nord. Pensava:
“Noi non chiediamo d’essere eterni, ma di non vedere gli atti e le cose perdere improvvisamente il loro senso. Allora il vuoto che ci sta intorno si mostra…”
I suoi sguardi caddero sui telegrammi:
“Ed ecco, come tra noi, s’introduce la morte: questi messaggi che non hanno più senso alcuno…
Guardò Robineau Quel ragazzo mediocre, ormai inutile, non aveva più senso. Rivière gli disse quasi duramente:
«Debbo cercarle io qualche cosa da fare?»
Poi Rivière aprì la porta che dava nella sala dei segretari, e la scomparsa di Fabien lo colpì, evidente, a certi segni che la signora Fabien non aveva visto. La scheda dell’R.B. 903, l’aeroplano di Fabien, figurava già sul quadro murale, nella colonna del materiale scomparso. I segretari che prepara-vano le carte del corriere d’Europa, sapendo che sarebbe partito in ritardo, lavoravan di malavoglia. Dal campo venivan chieste telefonicamente istruzioni per le squadre che, ormai, vegliavano inutilmente. Le funzioni della vita erano rallentate. “La morte, eccola!” pensò Rivière. La sua opera era simile a un veliero in panna, senza vento, sul mare.
E udì la voce di Robineau:
«Signor direttore… erano sposati da appena sei settimane.»
«Vada a lavorare.»
Rivière guardava sempre i segretari, e, di là da quelli, gli uomini di manovra, i meccanici, i piloti, tutti quelli che l’avevano aiutato nella sua opera, con fede di costruttori. Pensò alle piccole città d’un tempo che udivano parlare delle “Isole” e si costruivano una nave. Per caricarla con le loro speranze. Perché gli uomini potessero vedere le loro speranze aprir le vele sul mare. Fatti tutti più grandi, tratti fuor di se stessi, liberati da una nave.
“Lo scopo, forse, non giustifica niente, ma l’azione libera dalla morte.
Quegli uomini duravano grazie alla loro nave.”
E anche Rivière lotterà contro la morte, quando renderà ai loro tele-62
grammi il loro senso, la loro inquietudine alle squadre di turno e ai piloti la loro drammatica meta. Quando la vita rianimerà quell’opera, come il vento, in alto mare, un veliero.
63
XX
Commodoro Rivadavia non ode più niente; ma a mille chilometri di lì, venti minuti più tardi, Bahia Bianca intercetta un secondo messaggio:
«Discendiamo. Entriamo nelle nubi…»
Poi queste due parole d’un testo indecifrabile apparvero al posto di Trelew:
«… veder nulla…»
Le onde corte sono così. Vengono intercettate qui, ma più in là chi attende non ode nulla. Poi, senza ragione apparente, tutto cambia. Quell’equipaggio la cui posizione è sconosciuta, si manifesta già ai vivi, fuor dello spazio, fuori del tempo, e quelli che scrivono sulle pagine bianche dei posti radiotelegrafici son già fantasmi.
Il carburante è esaurito, o il pilota, prima dell’arresto del motore, giuoca la sua ultima carta: ritrovare la terra senza schiantarsi?
La voce di Buenos Aires ordina a Trelew:
«Domandateglielo.»
Il posto radiotelegrafico somiglia a un laboratorio: nichel, ottoni e manometri, reti conduttrici. I radiotelegrafisti di turno, in camice bianco, si-lenziosi, sembrano chini su una semplice esperienza.
Toccano gli strumenti con le loro dita delicate, esplorano il cielo magne-tico, rabdomanti che cercan le vene d’oro.
«Non risponde?»
«Non risponde.»
Forse intercetteranno quella nota che sarebbe un segno di vita. Se l’aeroplano e i suoi fuochi di bordo risalgono tra le stelle, forse essi udranno cantar quella stella…
I secondi sgocciolano via, sgocciolano veramente come sangue.
1 comment